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Chi era: regista teatrale e cinematografico
Nato aFrosinone, l’8 luglio 1894

terzogenito di Francesco Bragaglia (direttore generale della 'Cines') e della nobildonna romana Maria Tassi-Visconti, il nome che gli venne imposto, Carlo Ludovico, era quello di un illustre zio di sua madre, il famoso Carlo Ludovico Visconti, esponente della famiglia romana di archeologi ed artisti (Ennio Quirino, archeologo e letterato, esponente del Neoclassicismo e console della Repubblica Romana negli anni 1798-99). Frequentante le Scuole Elementari a Frosinone, Carlo Ludovico, trasferito con tutta la famiglia paterna a Roma, in via di Ripetta, frequentò con gran profitto gli studi classici, Ginnasio e Liceo, ed anche alcuni anni alla Sapienza per la Facoltà di Giurisprudenza, negli anni immediatamente precedenti la Prima Guerra Mondiale. Quindi partecipò alla Grande Guerra, rimanendo gravemente ferito (due costole spezzate) e meritando due Croci di Guerra e la Medaglia di Bronzo al Valor Militare. Riportando la frattura delle costole, egli fu a lungo ricoverato al Celio, fu riconosciuto “Grande Mutilato di seconda categoria”, e nominato, in seguito, Cavaliere di Vittorio Veneto.

Mentre frequentava l’Università partecipò col fratello Anton Giuluio al Movimento Futurista, inventando la Fotodinamica. Inizia la carriera come fotografo e ritrattista di dive del cinema: sono di quel tempo le immagini mirabili di Lyda Borelli e di Leda Gyss, di Francesca Bertini e di Italia Almirante Manzini, i numerosissimi ritratti d’arte di Artisti insigni, poeti, giornalisti (basti ricordare Lucio D’Ambra e Marco Praga, Pirandello e Marinetti, Giorgio De Chirico e Alfredo Casella). Ma Carlo Ludovico non si limitava ad eseguire: egli fu inventore di nuove originalissime “pose”; sua, ad esempio, l’idea di fotografare le chiome al vento (con l’aiuto di primordiali ventilatori), e di “registrare” languidi sorrisi, furtivi ammiccamenti, svenevoli espressioni delle “dive” del Cinema Muto. E a quel tempo risale pure un tentativo di sviluppare il Fotodinamismo. Nel 1918 con il fratello Anton Giulio fonda la “Casa d'arte Bragaglia”, punto d'incontro di pittori, scultori e cineasti. Quattro anni dopo, sempre con il fratello, fonda il “Teatro degli indipendenti”, dedicato all'avanguardia e alla sperimentazione, dove tra il 1922 e il 1930 firma oltre venti regie teatrali.

A partire dal 1930 si dedica al cinema, che proprio in quel periodo passa dal muto al sonoro. Entra alla 'Cines' come fotografo: passa, quindi, al montaggio, alla sceneggiatura ed ai documentari. Esordisce come regista nel 1933 con “O la borsa o la vita”, tratto dall'omonima commedia radiofonica. Nel 1939 firma “Animali pazzi”, secondo film interpretato da Totò e primo dei sei che la coppia realizza insieme. Si cimenta in vari generi, anche se ha grande successo soprattutto con le commedie brillanti. Oltre a Totò, Bragaglia dirige i più importanti attori italiani fra i quali i tre De Filippo ('Non ti pago!'), De Sica ('Un cattivo soggetto') e Aldo Fabrizi ('I quattro moschettieri'). Ha abbandonato il cinema negli anni Sessanta, dopo aver firmato circa sessanta film in circa trenta anni di attività. Nel 1994, in occasione del suo centesimo compleanno, presenzia alla retrospettiva che gli dedica il Festival di Locarno. La sua ultima fatica è un documentario sull'isola di Capri, che ama particolarmente.

Muore all'ospedale San Giacomo di Roma, dove era ricoverato per un'operazione al femore, il 4 gennaio 1998 alla veneranda età di 104 anni.

 
 

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