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Vicalvi è un piccolissimo centro arroccato su un cono a circa 600 mt di altitudine, sormontato dalla mole possente del Castello medioevale che controlla l’ingresso alla Valle di Comino. Oggi si fa riconoscere per una enorme croce di colore rosso dipinta sulle sue mura quando i tedeschi durante l’ultima guerra lo trasformarono in campo ospedaliero.

Fondato nel Medioevo nei luoghi ove esisteva Alba degli Equicoli, ebbe nome Terra Vici Albi, da cui il nome Vicalvi. Le prime notizie certe sono dell’anno 702 quando i longobardi occuparono i paesi del circondario come Aquino ed Atina e quando Gisolfo I occupò Sora, Arpino ed Arce, rinforzando i confini del Ducato di Benevento, sul corso del fiume Liri, nei confronti del Ducato romano.
Dopo l’invasione dei Saraceni del 915 che distrussero e saccheggiarono il maniero, e dopo l’effimera invasione degli Ungari del 938, l’Abate Aligerno provvide alla ricostruzione delle chiese e delle vecchie fortificazioni. La crescente importanza che Vicalvi assunse in quel periodo è sottolineata dal fatto che, nella donazione del 970 a Montecassino, tale Hildeprandus si qualifica come Conte “de Sora et de Vicu Alba”.

Nell’anno 1000 è Signore del Castello tale Oderisius, ma col passare degli anni i diritti di Montecassino su Vicalvi divennero quanto mai ampi. Seguono diversi privilegi di Imperatori, di Papi e dei Principi di Capua, che confermano i possessi del Monastero Benedettino riguardanti Vicalvi. Divenne una fortezza di confine dalla quale, nel 1187, partirono anche uomini per la Terra Santa, fu distrutto più volte; la prima nel 1191 dalle truppe di Enrico Di Hohenstanfen e poi nel 1349 da un violento terremoto.
Nel 1574 tale Giulio Prudentio di Alvito scriveva che il Castello era un “redatto de Monache, che stavano in S. Nicandro et se retiravano al tempo delle turbolenze o altro”. Allo stesso periodo si attribuisce la costruzione della Torre della Rocca verso est ed altre fortificazioni, tali da renderlo per le cronache del 1600 una fortezza molto forte, in alto ed inespugnabile. In effetti visitandolo appare proprio così; si ha l’impressione di una grande fortezza, una macchina da guerra, dove si rifugiò anche Carlo V° con le sue truppe durante la battaglia contro Francesco I° re di Francia.

Le ultime notizie sono del 1633, quando storici locali come il Castrucci e Pistilli definiscono il Castello ancora in buone condizioni e sempre forte ed inespugnabile.
Purtroppo quello che resta oggi del Castello longobardo sono le sue grandi dimensioni, in pianta poligonale. Del maniero, costruito sulla roccia dove un tempo c’era una antica acropoli romana, si può ancora vedere una Latrina sospesa ancora intatta, raro esempio presente in Ciociaria e alcuni affreschi nelle stanze ai piani inferiori tra cui spicca una magnifica Madonna Nera. Tramezzata dai lavori per la sistemazione del Convento delle Suore, resta una magnifica Sala Capitolare con archi a tutto sesto e tracce di camini, i cui travertini sono stati, pero, trafugati negli ultimi anni.
Un percorso ancora praticabile sulle possenti mura fa ammirare tutta la splendida valle di Comino.

Bibliografia
Luigi Centra, Castelli di Ciociaria tra storia e leggenda, Tipografia Nuova Tirrena, Terracina, 1996

testo di Pio Roffi Isabelli

 

 

 
 

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