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Arpino: Museo dell'Arte della Lana

 

Questa istituzione, è un museo specializzato di tipo “territoriale”, appartenente a quella categoria di musei sorti per testimoniare la storia e la vita socio-economica di un ben determinato territorio, di una città, che aveva impostato il proprio sviluppo sulla prospera attività della lavorazione della lana. Il territorio è la Valle del Liri che, a metà Ottocento, era descritta come: “...un vasto e quasi unico opificio”.

La città al centro di questo contesto industriale era Arpino, dove si producevano i famosi "Panni" e ben 32 lanifici davano lavoro a circa 7000 persone, la metà di tutta la popolazione. A questa prima grande realtà, se ne aggiungeva un'altra incentrata sul lavoro a domicilio, fatto di tessitori che lavoravano in proprio, di piccoli produttori autonomi, che organizzavano la lavorazione nelle abitazioni con passaggi da un lavoratore ad un’altro. Le due realtà cooperavano ed interagivano tra loro e se alla fine del '700 Arpino vantava una produzione calcolata in 8.000 pezze di panni lana l'anno di ottima qualità, nel 1845 la produzione era salita a ben 20.000 delle 36.000 pezze prodotte nella Valle del Liri e delle 54.000 dell'intero Regno.

Numeri estremamente indicativi che, nonostante la ristrettezza del mercato di quegli anni, dimostrano come "L'Arte della Lana" sia stata per Arpino e per il territorio limitrofo, importante e predominante, il cui ricordo è rappresentativo di un'epoca fiorente, che ha lasciato tracce indelebili nel tessuto urbanistico cittadino. Una piccola ridente città "industriale" ed "industriosa", così doveva apparire Arpino, come del resto tutta la Valle del Liri, che così descriveva Matteo De Agustinis: "Il cielo era puro e fresco come le acque del Liri e del Fibreno, la popolazione è valida e ben fatta.. di vago ridente aspetto, industriosa ed acconcia ad ogni maniera di lavoro." La grande crisi, però, era alle porte e le cause furono molteplici, ma dovute soprattutto sia alla mancata riconversione tecnologica degli opifici, che risultavano sempre più deboli e tecnologicamente arretrati, tanto che i grandi produttori arpinati (Manna, Polsinelli, Pelagalli), avevano preferito investire in nuove strutture ad Isola del Liri, dove il fiume offriva la possibilità di attivare motori idraulici, e sia soprattutto, alla prossima fine del protezionismo. La nuova Italia sabauda portò, con le idee del Cavour, la fine del protezionismo borbonico e la liberista tariffa piemontese che determinò il tracollo di tutta l'industria meridionale, tracollo che, ad Arpino inizialmente fu lento, ma sempre più progressivo ed inesorabile con il trascorrere del tempo, delle 82 unità produttive (25 grandi e 57 piccole e piccolissime), che si contavano poco prima del 1861, a distanza di circa settant'anni, solo tre erano i lanifici attivi.

Oggi, il Museo si propone come struttura dinamica in grado di fornire ai visitatori specifiche conoscenze che, oltre a far rivivere e ricordare una pagina gloriosa (anche se a volte dura e spietata della nostra misconosciuta storia), ci consente di restituire, attraverso gli attrezzi ed i macchinari esposti, quel sapere produttivo che essi stessi conservano e devono ricordare, il sapere del contesto.

Aperto al pubblico dal 1998, il Museo è incentrato sulla conservazione, esposizione e valorizzazione degli antichi macchinari acquistati dal Comune di Arpino ed appartenuti al vecchio lanificio Diodati, attivo fino alla seconda guerra mondiale, quando i tedeschi in ritirata minarono le attrezzature più moderne. I telai più antichi che erano stati smontati perché fuori dal ciclo produttivo, rimasero, invece, sostanzialmente intatti. L’edificio che ospita il museo è l’ex Chiesa di S. Domenico, struttura a tre navate con decorazioni barocche, un tempo, era parte di un convento di frati Domenicani che furono presenti in Arpino, almeno dal 1484. La particolarità dei macchinari esposti, consiste in un'articolazione stratigrafica di ben tre secoli, si possono ammirare infatti, attrezzature protoindustriali ed industriali che vanno dal '700 fino ai primi del '900.

Questi macchinari ci consentono di ricostruire e riproporre gran parte del processo di lavorazione della lana, dal fiocco già lavato, fino al tessuto spazzolato. Il Lupo sfioccatore, le Cardatrici, gli Aspi, l'Orditoio, i Telai, il Follone, la Cimatrice e gli altri macchinari esposti rivivono nel museo, ma è una vita nuova, una vita conoscitiva che suscita l'interesse dei visitatori, che possono così comprenderli ed apprezzarli nella loro attuale e reale dimensione.

E' possibile, inoltre, attraverso pannelli descrittivi corredati da immagini, acquisire una specifica e dettagliata conoscenza della organizzazione e delle capacità produttive delle industrie laniere di Arpino, mentre un efficiente servizio di visite guidate (attivo anche su prenotazione), saprà coinvolgere il visitatore ed introdurlo in un mondo dove la storia economica e la nascente civiltà delle macchine, si fondono con le lotte operaie e con i primi grandi tentativi di conquiste sociali.

 



 

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